mercoledì 12 dicembre 2007

Chiarimenti...o perché facciamo quello che facciamo

Non è mai troppo tardi. Dopo quasi tre mesi di duro impegno universitario, ho capito finalmente perché, avendo una quantità di tempo molto limitata (vero Lollino?), un titolo di studio più o meno adeguato, un lavoro più o meno adeguato, una capacità di studio e/o concentrazione più o meno adeguata (vero cara demenza senile?), ho pensato bene di re-iscrivermi alla facoltà di Economia e Commercio dell'università di Tor Vergata.
Oggi, per chiudere in bellezza il corso di economia aziendale, è venuto a farci lezione nientepopodimeno che l'autore del manuale, il prof. Enrico Cavalieri. Ed è stata proprio, insospettabilmente, una bella lezione. Diversa da quelle in cui ti spiegano gli ammortamenti, i fabbisogni residuali, le immobilizzazioni, gli schemi del reddito e del capitale, tutte cose imprescindibili e da sapere, per carità, ma che congelate nel campo sterminato del sapere umano rischiano di apparire un tantino astratte e prive di fascino.
Devo ringraziare allora, e di cuore, il prof. Cavalieri che mi ha fatto capire, in maniera più efficace perlomeno, perché studio economia. Perché, come dice lui, ma che parliamo a fare, se non facciamo i conti con le teorie che sono alla base del governo delle imprese, con il problema del precariato ("si tratta di sopraffazione e non di flessibilità"), con la contabilità creativa, con la privatizzazione dei profitti e la socializzazione dei rischi, con l'avidità umana, con la democrazia sparita che non esiste più nelle nostre società evolute, con "i problemi che la nostra generazione (over 60 ndr.) non ha risolto e con questo mondo che vi abbiamo lasciato e di cui mi vergogno".
Ecco, se prima avevo avuto dei dubbi, se il tempo speso sui quei banchi aveva permesso che si insinuasse in me, in maniera strisciante, il pensiero di incubare un alien-ante commercialista con la cartella louis vuitton al seguito, ora il velo di maya è venuto giù.
Sono lì per capire quello che siamo e per immaginare quello che dovremo essere. Perché, metaforicamente, non si può combattere senza essere armati. Lo diceva già Di Vittorio, studiando il dizionario della lingua italiana per non avere un bagaglio di vocaboli inferiore a quello dei padroni.
Insomma, due ore ben spese. Di questi tempi, non è poco.

Ps. Dimenticavo il meglio. Margheritina per il santo natale mi ha regalato l'abbonamento annuale all'Economist..(per chi mi conosce: non ridete così forte, mastico, mastico)....non è un amore...da sposare?
Perché io quando faccio una cosa la faccio bene...vero Lollino? :)

1 commento:

Anonimo ha detto...

tacchina...era una prova by zozzo

 
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